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È vero che, come sostengono alcuni, tutto ciò che accade è affidato alla casualità più pura, oppure esiste un principio che inanella, come le perle di una collana, gli eventi di una esistenza?

L’appassionante vita del Conte Franco Santellocco Gargano, e la sua ‘conquista” del Castello di Vernio, snodata fra l’Abruzzo e la Polonia, l’Algeria e Roma, attraverso la Grecia dei colonnelli, Miss Italia nel Mondo e la costante e concreta ricerca del dialogo con sembra dire esattamente il contrario.

Così come il fantasma del Conte Valfredo che, a distanza di seicento anni, fra le due e mezza e le tre, ogni notte, fa visita al Conte. E poi vescovi, contadini, terroristi, bambini cardiopatici del terzo mondo, capi di stato, cardinali, ministri e tutte le persone del borgo che in ottanta anni mai si sono mosse di lì.

Infine l’altro grande protagonista, il Castello di Vernio, passato dai Cadolingi, agli Alberti, ai Bardi, dove sono nati il genere del melodramma e le regole del gioco del calcio e dove ha visto la luce una Santa che ogni anno viene festeggiata da una folla sempre più numerosa. Il tutto permeato di attesa e di bucolica accettazione, “inseguendo il destino come un’anima gemella dalla quale sono stato separato alla nascita e che con ansia cerco di ritrovare, non dandomi pace sino a che non avrò terminato la mia missione. Che terminerà solo in un giorno che a noi non è dato di sapere; ma anche questo sarà giusto, perché fa parte del Disegno”.

 

Incipit

Non credo al caso. non ci ho mai creduto. sin da bambino ho sempre avuto la fortissima convinzione che, dietro a ogni cosa che ci accadeva, la più piccola ed insignificante, risiedesse un disegno divino; tant’è che quando mi sono imbattuto, su non ricordo più quale libro, nella felice formula “il caso è il buon dio che agisce in incognito” mi è tanto piaciuta da farne il mio secondo motto, accanto a quello della mia famiglia.

ogni mattina, appena alzato, una delle mie prime operazioni, da sempre, è accendere il fuoco sotto la moka. Amo la moka, è nobile, richiede un rituale che l’espresso ha perduto. l’espresso mostra, nella sua parola, l’intima essenza della volgarità: la fretta, la ordinarietà, la mancanza del giusto tempo. il “già pronto”, senza la legittima attesa che porta alla maturazione ogni accadi- mento, anche il più marginale.

la nobiltà ha radici nella terra e nella spada. la spada, per for- tuna, oggi è rimasta solo metaforicamente; e l’ho brandita da subito, quando, a dieci anni, ho abbandonato il paesello marsi- cano per aprirmi una strada nella vita; la terra ci invita all’attesa. C’è un tempo per la semina e un tempo per la raccolta, la terra ce lo insegna. la terra non è mai volgare. Come la moka.

Appena acceso il gas mi soffermo a guardare quella fiam- mella, quella apparentemente banale fiammella azzurrognola, di metano, che brucia per preparare l’incipit della mia giornata. e quella fiammella mi porta a confermare il mio convincimento, che niente, niente assolutamente è slegato, casuale, in questo mondo drammatico e meraviglioso.

un momento della prima presentazione del libro all’Hotel Astoria Mercure il 5 novembre 2008