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Una sera di metà novembre Edoardo Spinelli, un signore in pensione, sta passeggiando per la sua città avvolto nel suo loden nero. Per tre volte si sente chiamare “monsignore”. Pensa si tratti di un equivoco, forse è sosia di un religioso; ma la terza volta resta molto perplesso sentendosi chiamare addirittura “Monsignor Spinelli”. Torna a casa da sua moglie Alice, raccontandole lo strano episodio, ma scopre che Alice non è sua moglie, bensì la sua perpetua, che è il vescovo emerito della sua città, che il suo armadio è pieno di abiti religiosi, che sta scrivendo un saggio su Sant’Anselmo da Aosta per le edizioni Paoline, di cui aspetta per l’indomani la visita di un funzionario e che la domenica successiva dovrà celebrare le cresime in montagna.

Dopo aver incontrato la mattina successiva Signorelli, funzionario delle Paoline, corre da Andrea Ruggeri, amico medico, cercando di smascherare quello che per lui è uno scherzo di pessimo gusto, anche perché Alice persiste in quella che per lui è una burla. Ma l’amico medico, dopo averlo accolto con calore, si dice meravigliato di vederlo in abiti borghesi e senza collarino ecclesiastico, dopo tanti anni. Il mondo gli crolla addosso. L’amico si offre di aiutarlo e decide di ospitarlo in casa sua per proteggerlo in un momento così delicato. Edoardo, sostiene, soffre di una strana malattia, ed è importante che eviti contatti con il mondo esterno, e tutti i potenziali conseguenti scandali.

Incomincia per Edoardo una nuova vita a casa dell’amico: un check up completo in una lussuosa clinica fuori regione, al Lago di Garda, lo scivolamento verso dipendenze da farmaci ansiolitici e non solo, i dubbi sulla propria reale identità, la riscoperta, fra mille sensi di colpa, del desiderio sessuale.

I dubbi che lo assillano sulla sua vera identità lo conducono verso una depressione sempre più cupa, finché il monsignore decide di farla finita. Non può più tollerare di vivere una vita che ha perduto ogni cognizione del proprio passato. Approfittando quindi delle uscite pomeridiane dell’amico medico evade dalla sua prigione dorata, diretto alla stazione ferroviaria, con il preciso intento di gettarsi sotto un treno. Ma lungo la strada scopre qualcosa di molto importante che gli rivela aspetti ignoti della sua vita e della sua persona.

 

Incipit

La prima volta che accadde pensò di essere stato scambiato per un’altra persona. Un sosia. Tutti ne abbiamo almeno uno, aveva sentito dire. E non ci aveva fatto caso più di tanto.

“Buonasera, monsignore” lo aveva salutato una gentile signora, molto elegante, mentre stava facendo la consueta passeggiata vespertina.

Le aveva rivolto un sorriso. Non gli sembrava di conoscerla. L’educazione gli imponeva di ricambiare il saluto; era un gesto per lui piacevole, non un dovere.

Monsignore, pensava fra sé. Chissà per chi mi ha preso… ridacchiò, mentre, avvolto nel suo loden nero, continuava a camminare.

Metà novembre… non era freddo. Fresco. Umido. Forse, pensava, forse avrà pensato di vedere un altro, nella penombra… forse sarà stata tratta in inganno dal colore del mio cappotto…

Già il pensiero stava svanendo, per lasciare il posto ad altri, quando incrociò un uomo, abbastanza robusto e con un’espressione del viso rude e delicata al tempo stesso.

“Monsignore, si ricordi di me!” gli disse.

Poi sgattaiolò nella foschia della sera, furtivo, senza neppure dargli il tempo di replicare.

Si fermò per un istante. Anche se non era sua abitudine cessare il ritmo dei suoi passi si arrestò. Ancora una volta? Monsignore? Ma che era?

E, fatto ancora più grave, non erano passati dieci minuti quando una donna, dalla postura e dall’espressione molto pia, incominciò a fissarlo da lontano. Non appena furono a meno di cinque metri di distanza la donna se ne uscì con un saluto che sembrava preso a prestito da un testo di catechismo preconciliare.

“Sia lodato Gesù Cristo!”

“Sempre sia lodato” rispose, meccanicamente. E anche quella se ne andò in fretta.

Come si dice? Una coincidenza è soltanto una coincidenza, due coincidenze sono un indizio, tre coincidenze sono una prova.

Che cosa stava succedendo?

Si girò di scatto.

“Signora!?”

“Mi scusi, monsignor Spinelli, ma devo scappare. Rammenta ciò che è accaduto a mio marito… Si ricordi di noi nelle sue preghiere!”

Queste ultime parole lo lasciarono agghiacciato. Monsignor Spinelli! Lo aveva chiamato non solo monsignore, ma con il cognome!

Si pizzicò il dorso della mano. No, non stava sognando.

Ma quale monsignor Spinelli d’Egitto! Lui non era monsignore. Era un ingegnere in pensione. Un ingegnere del Comune. Se gli chiedevano di piani regolatori ne sapeva a iosa, se gli domandavano di concessioni edilizie, di oneri di urbanizzazione, di parcheggi pertinenziali privati a uso pubblico non ne parliamo… ma di religione? Sì, era credente, a modo suo… era praticante, sempre a modo suo, e con una frequenza non sempre assidua… ma da lì a essere chiamato monsignore?

Esisteva forse un altro Spinelli? Gli assomigliava tantissimo, ed era pure un religioso? O meglio, un “monsignore”?

Forse era affaticato. Forse era meglio farci una buona dormita sopra.

Guardò l’orologio. Non era lontano da casa. Meglio rientrare in fretta. Vedere Alice, sua moglie, lo avrebbe rasserenato. Non avevano figli, erano sposati da quasi quarant’anni… ne avrebbe parlato con lei. Ci avrebbero riso su.

Varcò, con passo lesto, il portone di casa. Premette d’istinto la luce dell’androne, il tasto dell’ascensore, e via, al quarto piano.

“Alice! Alice, sono io! Ci sei? Sono rientrato!”

Le luci di casa erano accese. La donna uscì dalla cucina, mentre si asciugava le mani nel grembiule.

“Ah!” lo accolse con voce sommessa; e, guardando il pavimento, riprese “È rientrato… Ero in pensiero per lei”.

“Scusa? Come dici? Cos’è questa storia che mi dai del lei?”

“Veramente” tossì Alice, “veramente, non osavo dirglielo, monsignore, ma mi sembra molto più bizzarro il fatto che lei mi tratti col tu, dopo tanti anni che sono a servizio da lei. Ma se vuole, per me non ci sono problemi. Ora, se vuole scusarmi, sto terminando di cucinare. Fra un quarto d’ora è in tavola, se lei vuole mettersi comodo”.

Lui non riusciva a credere alle sue orecchie. Anche Alice? Si tolse il cappotto e lo appoggiò all’appendiabiti.

Lei si girò di scatto e lo fulminò per un istante.

“Mi scusi, Eccellenza, ma questi abiti sportivi? Che stranezza è mai questa? Un maglione colorato, pantaloni di velluto chiari… Faccia quello che vuole… Comunque ora torno in cucina, se lei permette”.

“Sto diventando matto io o lo sono diventati tutti gli altri di colpo?” si chiese. E così si diresse in camera sua, con passo certo.