Le vicende dell’EFSA, Authority Europea per l’Alimentazione, portata a Parma dal compianto Elvio Ubaldi, sindaco per 10 anni e prematuramente scomparso il 2 ottobre 2014, sono lo spunto per parlare del suo pensiero politico, fortemente innovativo e modernissimo, in un mondo che si sta avvitando su se stesso.

Incipit

La pioggerella fine e persistente, che purtroppo ho imparato a conoscere da quando vivo nella capitale belga, non accennava minimamente ad andarsene, lasciandoci avvolti in una sensazione di nervoso torpore, in questa tediosa attesa, che si protraeva di ora in ora.

Soltanto Elvio sembrava non avere smarrito la determinazione e la cortesia che lo contraddistingue, la joie de vivre, per dirla con una delle due lingue ufficiali della città dell’Atomium.

Fra di noi non si può dire certo che il dialogo mancasse né, tantomeno, gli argomenti: su tutto, attualità, politica, ma anche storia, filosofia, arte e, spesso e volentieri, cultura della tavola, quella cultura enogastronomica che un emiliano vero dovrebbe portarsi appresso, almeno nello stereotipo che ci contraddistingue nel mondo.

Vini, zone vinicole, annate; ma, soprattutto, gli abbinamenti. Perché un buon vino mal assortito a tavola perde inevitabilmente tanto del suo pregio. Meglio qualcosa di più modesto, allora, purché ben accompagnato.

E il cibo. La cultura del cibo. Parlarne ancora prima che goderne o, meglio, goderne già dalle parole, rotonde, alate, oserei dire, con epiche rimembranze omeriche. Disquisendo di prosciutti e portandolo ad inalberarsi davanti a quello che definisce senza mezzi termini un ossimoro: un prosciutto di Parma dolce e poco grasso.

“Come si può chiedere un prosciutto che sia al tempo stesso magro e dolce, la gente me lo deve spiegare. Perché il prosciutto dolce lo fai con la stagionatura, e la stagionatura richiede una buona difesa dagli agenti esterni: e questa te la garantisce o il sale, oppure il grasso. Non c’è pezza, Cesare”.

Raccontato così, alla radio (senza immagini, intendo) te lo immagineresti con un fisic du role alla Giuliano Ferrara. Poi, incontrato a tu per tu ti accorgi che puoi amare la buona cucina e non avere un chilo di troppo, mantenerti asciutto, senza quella pancetta che è quasi una certezza nel futuro di ognuno.

 

Il cibo è sicuramente uno dei leit motiv delle nostre conversazioni. Credo sia solo incidentale il fatto che ci troviamo impegnati per portare l’Authority Europea della Alimentazione, quella che sarà poi chiamata EFSA, a Parma. Ma ci sono due enunciati importantissimi che Elvio non contraddice mai: il primo è che l’uomo (inteso come essere umano) smetterà di guidare le automobili, smetterà di usare i computer, smetterà di costruire case o di progettare armi di distruzione di massa, ma non smetterà mai di mangiare; il secondo è che dovendo mangiare è meglio mangiare bene che mangiare male.

Sembra una tautologia ma non lo è poi tanto.

Mangiare bene, infatti, acquisisce diverse valenze nella società contemporanea in cui è importante dare valore agli aspetti qualitativi dell’esistenza ed ai cromatismi del mondo in cui viviamo.

“Capisco che parlare di cromatismi in una giornata grigia come questa possa sembrare fuori luogo” afferma “ma credo che in questo grigiore ci sia una ragione in più per cercare la luce, il guizzo, che c’è in ogni cosa. Un po’ come queste case del nord, che qui come in Inghilterra, in Germania o nei paesi scandinavi sembrano fatte per catturare ogni raggio del debole sole che arriva: grandi, grandissime finestre, nessuna persiana. E che la luce entri e pervada tutte queste case.”

Il paragone sarebbe anche azzeccato, se non che i cromatismi della vita qui non li sanno cogliere tantissimo, almeno secondo la scala metrica mediterranea