Durante un viaggio in treno da Torino a Roma Relli, che ricorda il viaggio da una prigione kenyota, ascolta il racconto di un francese suo coetaneo e di come da ragazzo la sua vita sia stata completamente cambiata da una vacanza in Grecia e dall’incontro con due donne, Katarini e Nuli

Incipit

Dietro le sbarre della prigione keniota Relli ripensava spesso a quel viaggio in treno, che aveva cambiato la sua esistenza. Non sapeva se fosse stato un bene o un male. Pensava questo: se anche avesse potuto tornare indietro, con un’ipotetica macchina del tempo, forse avrebbe ripercorso gli stessi passi, senza escluderne alcuno, pur con la consapevolezza di essere condotto proprio lì.

Perché si trovasse in una prigione keniota non era ancora riuscito a capirlo. Sì, gli avevano letto i capi d’imputazione: ma di quelli se ne trovano quanti se ne vogliono.

Il diritto, pensava amaro Relli, è assai soggettivo, per cui è inutile farsi sangue cattivo. È destino, e come tale va accettato.

Forse anche lui stava diventando, a modo suo, religioso. Il destino è qualche cosa di trascendente e di sovrannaturale; ed è perfettamente inutile prendersela con ciò che è più grande di noi. Assurdo, frustrante, vano, erano i primi tre aggettivi che gli venivano a mente.

Era diventato un po’ filosofo. E, allora, tanto valeva vivere di ricordi: nessuno poteva rubarglieli. Quelli felici come quelli tristi.

L’incontro con Jean Paul non poteva essere cancellato; anche se si era mostrato tanto decisivo nella sua esistenza. Anzi, tornava con la mente a quel viaggio spesso e volentieri.

Nelle parole del francese aveva trovato una giustificazione per Marta; e spesso lo citava, come aveva fatto prima dell’arresto, con Sandra, la simpatica turista italiana.