Una giovane barista viene trovata morta per overdose in casa. Ma Daniela non è convinta che si tratti di droga.

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Incipit

Di tanto in tanto le capitava di vederli sfilare, nel corso di Gabbiana, sotto le sue finestre. Di tanto in tanto, quando, verso le diciannove, se era ancora in ufficio, si affacciava, nelle giornate di inizio ottobre, ancora lunghe, luminose, tiepide.

Avanzavano come una falange macedone, quasi tronfi nella loro pinguedine. Di norma loro quattro: papà, mamma e i due figli, il maschio e la femmina. Genero e nuora non si vedevano quasi mai, in questa sorta di parata militar burlesca.

Poi, burlesca… burlesca sembrava a lei, e pure a Colamonici, che per primo, una volta, glieli aveva fatti notare. Malignità che restano all’interno delle mura della procura della repubblica, guai a uscire di lì. Anche perché loro, i Soglia, erano fermamente convinti di essere una delle famiglie più in vista di Gabbiana, un punto di riferimento… quando c’era da mostrarsi, inoltre, erano sempre lì, sfrontati.

“Tutti belli, i Soglia” aveva commentato Colamonici “Tutti belli, e seri, e onesti. E soprattutto magri”.

Lei lo aveva squadrato con uno sguardo interrogativo, poi era scoppiata in una risata fragorosa, comprendendo la sottile ironia, nemmeno poi tanto sottile, visti i Soglia…

Ma chi erano?

Papà sogliolone era un commercialista storico di Gabbiana, fra i sessantacinque e i settanta anni, il classico ragioniere di provincia, di quelli che possono mancare di tutto ma mai del buon senso, almeno secondo quello che era il giudizio che lui dava di sé, in pubblico…